Il motivo di questa doppia locandina è il voler mettere a paragone i personaggi di Truman Burbank e di Novecento. Non intendo fare un’analisi della pellicola ma un confronto tra protagonisti. The Truman Show è un film del 1998 diretto da Peter Weir, mentre La leggenda del pianista sull’oceano è un film del 1998 diretto da Giuseppe Tornatore, tratto dal monologo teatrale Novecento di Alessandro Baricco.
Truman Brubank è un impiegato trentenne apparentemente pieno di vita, sempre sorridente e sposato con una donna che però non ama. Conduce una vita abbastanza ordinaria che gradualmente inizia a non bastargli più. Vive in un mondo ovattato e gestito a sua insaputa da un regista che ne decide gli eventi. A questo gioco malato si presta pure la moglie, la madre e il suo migliore amico Marlon. Truman non ha instaurato legami profondi, ad eccezione di Marlon. Anche il rapporto con la moglie è molto superficiale e fazioso, scandito dalla quotidianità e dall’evitamento di qualsiasi tensione. Truman è un uomo che si pone delle domande e non si adegua al mondo che è stato costruito per lui. Tenta la fuga da quella realtà opprimente all’inizio con un viaggio e in seguito con un definitivo allontanamento. Il protagonista raggiunge un livello talmente alto di esasperazione da andare contro la sua famiglia e il suo ambiente.
Il personaggio di Novecento è caratterizzato da una grande ingenuità e purezza, un bambino nel corpo di un adulto. Come un bambino che non conosce male, si esprime sempre con grande genuinità e innocenza. Novecento, restando isolato e non vedendo il mondo, resta piccolo nel suo essere e non riesce quindi a maturare quell’esperienza di vita che serve a crescere. Cerca a suo modo di interfacciarsi con la realtà risultando inizialmente inadeguato o comunque strambo. Riesce però a strutturarsi all’interno di diversi contesti come in una famiglia, in una rete amicale e riesce anche ad abbozzare un tentativo di corteggiamento. Novecento arriva anche a creare un rapporto d’amicizia molto profondo con Max Tooney, narratore e coprotagonista della vicenda. Tuttavia il limite di capacità passeggeri del transatlantico Virginian diventa anche il suo limite di contatto con il mondo esterno, in cui le interazioni sono provvisorie, cronometrate dal tempo della traversata oceanica e quindi senza quella costanza e profondità che avrebbero avuto sulla terraferma. Limite in cui Novecento ha sempre vissuto ma nel quale è rimasto ingabbiato, la capacità di duemila passeggeri per tratta determina il ritmo e la quantità di nuove esperienze che il protagonista è in grado di gestire. Un limite in cui si sente sicuro, sente di avere il controllo e di non poter venire schiacciato da qualcosa più grande di lui. È lui in un certo senso che determina la quantità di stimoli esterni a cui aderire o venir meno, ad esempio quando si isola in coperta per lungo tempo. Il mondo reale spaventa Novecento, dove sa che non potrà mai essere un vincente e sceglie invece di rifugiarsi nella musica. Luogo in cui diventa il migliore, riuscendo a sconfiggere in un duello al pianoforte uno dei più bravi musicisti del suo tempo. Questa vittoria in un certo senso trincera ancora di più il protagonista in se stesso: non ha più bisogno di dimostrare qualcosa, non ha più quella tensione al miglioramento dovuta ad un fallimento. Ormai si rende conto, seppur con costante umiltà, di essere il migliore dei pianisti e di non aver più bisogno di nulla. Solo la ragazza friulana e il desiderio di sentire la voce del mare spingono Novecento a voler scendere dalla nave e vedere il mondo.
L’elemento che può accomunare il personaggio di Truman e quello di Novecento è il loro rapporto con il desiderio. L’essere umano per sua stessa natura è un essere finito, limitato, ma non della stessa natura è il desiderio che dimora dentro di lui. Il desiderio di essere in una condizione sempre migliore, di ottenere più amore non conosce limiti. Anche se dentro di noi alberga questa fiamma inestinguibile, dobbiamo fare i conti con il nostro limite. Costi, sacrifici, volontà, scelte, l’accontentarsi, il non accontentarsi sono tutti elementi che condizionano il nostro desiderio. Ho scelto di parlare proprio di questi due personaggi perchè appaiono come due facce della stessa medaglia rispetto a questo tema. Per quanto concerne la ricerca di qualcosa di più grande, Truman è totalmente autonomo e anzi, paga cara questa autonomia con l’esclusione dalla società; Novecento invece è continuamente spinto da Max e dagli altri membri dell’equipaggio a conoscere il mondo. Anche il porsi domandarsi, il chiedersi il perchè delle cose differenzia i personaggi, Truman è molto curioso e attento a scoprire nuove cose, Novecento invece arriva anche a criticare Max dicendo “Mi sa che voi sulla terra, sprechiate il vostro tempo a chiedervi troppi perchè“. Entrambi i personaggi hanno rapporti superficiali con tutte le persone, ad eccezione del loro migliore amico. Per quanto riguarda l’oggetto del desiderio Truman non ha un oggetto ben definito, vuole conoscere ed esplorare, vuole semplicemente vivere qualcosa di più grande; Novecento invece è spinto dall’amore verso una ragazza e dal desiderio di udire la voce del mare. Truman è stanco di essere contenuto nella sua realtà, che giudica opprimente e riduttiva, ha desiderio di infinità; Novecento invece non desidera altro che un contenitore, un contagocce che poco per volta gli possa somministrare una cosa tanto immensa e spaventosa come la realtà, è proprio l’assenza di una fine a terrorizzare il personaggio. A costo della propria vita entrambi i personaggi perseguiranno la loro volontà: Truman affronta la sua più grande paura, quella dell’acqua, e si imbarca in mare aperto rischiando il naufragio; Novecento invece sceglie di restare sulla nave e morire, nonostante lo straziante tentativo dell’amico Max di convincerlo a scendere. Il primo rifiuta il sistema in cui vive e se ne vuole allontanare, il secondo invece si adegua e sceglie di aderirci fino alla fine. Resa dei conti è la scena speculare della porta d’uscita per Truman e la scaletta della nave per Novecento. Porta e scala segnano il confine tra i due mondi, il limite ultimo che, una volta superato, cambierebbe ogni cosa. Entrambi i personaggi hanno molto chiara l’importanza di questo atto e si fermano a riflettere, non gettandosi a testa bassa. Truman però sceglie di dare ascolto al suo desiderio, di compiere quell’atto di fede e avanzare nell’oscurità, nonostante la promessa di un mondo sicuro e perfetto. Sceglie quindi di rinunciare ad un finto paradiso preferendo una cruda realtà. Novecento invece vede cosa ha davanti ma sceglie di non ascoltare il suo desiderio, tornando indietro e preferendo il finto paradiso. Il pianista quindi non riesce a compiere quell’atto di fede che gli avrebbe donato grandezza e amore, rimanendo vittima della paura. L’impossibilità di avere tutto sotto controllo terrorizza Novecento che riconosce la realtà come qualcosa di immensamente più grande e quindi ingestibile. Rinuncia all’amore, alla curiosità e al suo desiderio in cambio di sicurezza e tranquillità.